Se un giorno ti ammalerai di parole, come a tutti noi succede, e sarai stanca di sentirle, di dirle. Se qualsiasi parola sceglierai ti sembrerà sprecata, senza luce, sminuita. Se avrai la nausea quando senti "orribile" "fantastico" per qualsiasi fatto, non ti curerai, ovviamente, con una zuppa di lettere. Farai quanto segue: cuocerai al dente un piatto di spaghetti che condirai con il sugo più semplice: aglio, olio e peperoncino. Sulla pasta già rimescolata con l’intingolo suddetto, grattugerai uno strato di parmigiano*. Al lato destro del piatto fondo colmo di spaghetti conditi come ho detto, metterai un libro aperto. Al lato sinistro, metterai un libro aperto. Di fronte, un bicchiere pieno di vino rosso secco. Qualsiasi altra compagnia non è consigliabile. Sfoglierai a caso, le pagine dell’uno e dell’altro libro, ma entrambi devono essere di poesia. Solo i buoni poeti ci curano dalla saturazione di parole. Solo il cibo semplice ed essenziale ci cura dai peccati di gola.
[Héctor Abad Faciolince] Trattato di culinaria per donne tristi Sellerio 1997 * Licenza poetica culinaria
domenica 11 settembre 2005
Trattato di culinaria per donne (semi)tristi
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento