A me il ventinove settembre fa sempre (ma sempre eh) venire in mente la canzone di Battisti, non so com'è, ma devo avere un orologio biologico settato sul battisti-pensiero, quindi mi sveglio già dal mattino con sta canzone in testa, bizzarra sta cosa, no?Oltretutto oggi è uno di quei sabati da dimenticare, metereologicamente parlando, si è passati dal sole cocente al diluvio freddolante nel giro di pochissimi minuti, e a quel punto, grondanti di pioggia, con le sportine del supermercato cariche (anche di acqua piovana) a una persona normale che je rimane da fà?Ovvio ci si da all'alcol, se non proprio in prima persona, 'chè comunque devo tenere sempre conto che so' un'ex astemia pentita, quantomeno ne piatto.Perciò ho sperimentato sta ricetta ch'è semplice e veloce.Comincio col dire che ho inciampato in questi moscardini alla coop, aggiungo pure ch'erano in offerta alla bellezza di 4,5 euro, proseguo col dire che io non ho mai amato molto i moscardini perchè non mi sono mai (ma mai eh) venuti in maniera soddisfacente, và a capì il perché; stavolta ho voluto riprovare, avevo tempo, un sacco di voglia e la consapevolezza che avrei potuto pure farcela (in fin dei conti, diciamocelo, sono + grande di loro, no?). Intanto ho scoperto che la cottura dei moscardini è complicata tanto quanto quella dei polpi, ovvero hanno bisogno di una fiamma dolcissima e prolungata, e SEMPRE nell'umido (il che significa che sono assolutamente inadatti alla piastra, pena la durezza della polpa).Ho messo sul fuoco la pentola piral con dell'olio evo, ho spremuto un paio di spicchi d'aglio e appena ha cominciato a soffriggere ho aggiunto i moscardini. Quest'ultimi li ho messi in pentola addirittura interi, perchè erano piccoli, li ho rivoltati 2 volte, giusto per insaporirli, dopodiché ho aggiunto il vino fino a coprirli e un peperoncino intero. Ho messo il coperchio ed ho abbassato la fiamma, dopo una 40ina di minuti ho scoperchiato, buttato via il peperoncino e fatto restringere ulteriormente il liquido in pentola. Nel frattempo si saranno già messe a cuocere al vapore le carote, già sbucciate, lavate e tagliate a fettine, metterle nei piatti e condirle con balsamico-olio e sale
Ingredienti per 4
1 kg di moscardini (anche se io preferisco regolarmi con la conta, cioè un tot a testa, il tot dipende dalla fame)
circa mezzo litro di vino, preferibie vino non troppo aromatizzato (insomma un banale vino bianco da pasto)
peperoncino
sale
500g di carote
prezzemolo
olio evo
aglio
sabato 29 settembre 2007
moscardini ubriachi con carotine al vapore
venerdì 28 settembre 2007
Rosso come il cielo

Chi si ricorda il film "Rosso come il cielo"? É un film bellissimo, di come la speranza può superare la più tremenda sciagura, insomma la capitalizzazione del dolore; forse sarà un modo per consolarsi, chissà, chi può dirlo, ma tant'è funziona... e come dice Saramago:
"La speranza, solo la speranza , nient'altro. Si arriva a un punto in cui non si ha nient'altro all'infuori di quella, ed è allora che scopriamo di avere ancora tutto".
Anche io aderisco alla campagna Free Burma promossa da Blogosfera, promossa da Blogsfere per la solidarietà con i monaci birmani.
La marcia non violenta si è trasformata in un corteo blindato.
Negli ultimi giorni la situazione si è aggravata e la polizia ha sparato sulla folla causando già 9 morti, fra cui un fotografo giapponese e un giornalista tedesco. Anche io oggi mi sono vestita di "rosso", riprendendo il rosso dei vestiti dei monaci, lo so che è solo un gesto simbolico come quello di scendere in piazza o mettersi un nastrino rosso. Ma è un gesto che aiuta a non sentirsi impotenti spettatori di fronte al massacro. É un modo, uno dei pochi rimasti, per poter esprimere il proprio dissenso e la vergogna di appartenere alla stessa specie dei governanti Birmani.
Mi accodo a Blogosfere nell'invitare la Rete e i blog ad unirsi per fermare azioni estreme e violente nei confronti della popolazione civile e dei reporter, che hanno il diritto di fare informazione senza mettere in gioco la propria vita.
Riporto un po' di foto di Repubblica.it, si lo so, sono un pugno nello stomaco, sorry




giovedì 27 settembre 2007
stracotto che bontà!
Stracotto con lenticchie
800 g di manzo (io ho preso quella denominata "brutta ma buona)
200 g di lenticchie puy (*)
5 cucchiai di olio evo
sedano-carote-cipolla tritati
sale
(*)
Le lenticchie di Puy sono lenticchie verdi originarie di Le Puy, in francia. Credo siano di qualità particolare, perchè cuociono velocemente senza sfaldarsi in cottura. Si dovrebbero trovare con relativa facilità.
mercoledì 26 settembre 2007
A Fuego lento

É ufficialmente arrivato l'autunno, adesso oltre alla tele a ricordarcelo c'è pure un'arietta che ti penetra nelle magliette, ancora sottili, facendo rabbrividire fin nelle ossa. É arrivato l'autunno ed io non riesco proprio ad intristirmi per 'sta cosa, essì che l'autunno, tra tutte, è proprio la stagione che ho sempre (seppur cordialmente) detestato. Lo so, non è che sia un discorso molto originale, ma stasera tornando a casa, mi sono accorta che non mi dispiace che sia autunno, che si sia rinfrescato, ero anche un po' stufa di insalate, gelati, crudité, carpacci e quant'altro, ho voglia di cucinare, e voglio farlo lentamente, molto lentamente, chissà, forse per ritrovare i ritmi che non sono mai stati miei, ho voglia della casa invasa dagli aromi che si sprigionano oltre i coperchi delle pentole socchiusi, ho voglia dei vetri appannati dal vapore, ho voglia di coccole culinarie, oh! ecco l'ho detto. Insomma, ormai la stagione peggiore piena di maglioni e mani gelide, è dietro l'angolo...sembrava ieri quando le giornate cominciavano ad allungarsi, quando iniziavamo ad alleggerire i vestiti e invece è già ora di rifare il cambio abiti! Forse è anche peggio realizzare che mancano solo un paio di giorni al mese di ottobre, il che significa che more or less un altro anno si è consumato, un'altra estate è andata. É pazzesco come il tempo viaggi ad una velocità impressionante e non riesco mai a capire se questa sensazione di celerità sia un buon segno, magari uno pseudo sinonimo di grande operatività, o sia solo un segnale di allarme perchè bisogna sempre inseguire le mille cose da fare, condannati come siamo ad interpretare perennemente il ruolo di cacciatori di attimi in questa guerra insensata contro il tempo (uscendone spesso malconci). Più avanzo con gli anni e più la vita è intensa (o così mi appare), il tempo per cucinare si è ridotto sempre di più a favore di attività di cui, a ben pensarci, non è che m'importasse sto granché. Dichiaro di essere pentita per tutti i soufflé, le torte, la pasta fatta in casa, il pane, a cui ho rinunciato. Essere occupata aumenta la voglia di trovare il tempo per godermi la casa e la cucina ha un grande ruolo in questo processo.É il più semplice tra i piaceri, preparare una pietanza dà un senso di calma e serenità. Dopo una giornata pesante, quando si torna a casa tardi-tardi, la tentazione di buttarsi su qualcosa di precotto o passare dal solito rosticciere è assai forte, ma fermandosi un attimo a riflettere ci si rende conto dell'assurdità: si rinuncia all'unico gesto d'amore verso se stessi.In fondo basta poco per organizzarsi, un frigo troppo vuoto non invoglia e fa desiderare il banco del rosticciere, ma un frigo troppo pieno diventa poco convincente, specialmente per chi è abituato ai pasti fuori casa.La capacità di trasformare il cibo, che per qualche eletto è una vera e propria abilità, è una delle più rassicuranti attitudini che si possano avere nella vita. Non so, ci devo pensare un po' su a sta vicenda dei ritmi persi e/o ritrovati, nel frattempo ho deciso di fare una ricetta che rispecchia il calo di temperatura, che si cucina molto lentamente e che sorprende con risultati esaltanti, vista la sua semplicità.
Il titolo del post l'ho preso direttamente dal libro di Glynn Joanne (vedi rece), oltre ad essere una canzone di Rosana, che adoro. in realtà il testo della ricetta era un po' confusionario, così ho preso gli ingredienti e me la sono inventata, cercando di seguire una linea guida immaginaria attraverso gli ingredienti stessi
Ingredienti per 6-8
Dopo aver sciolto il burro in un'ampia pentola di piral (insomma la vecchia pentola di terracotta), friggere la pancetta a fuoco medio, fintanto che si sarà rosolata e il grasso sciolto. Estrarre la pancetta dalla pentola e tenerla da parte, mettere le cipolle nella pentola col condimento e cuocerle per una ventina di minuti a fuoco dolce, col coperchio. Togliere il coperchio e alzare il fuoco, aggiungere lo zucchero e mescolare bene fino a farlo caramellare. trasferire il tutto in un contenitore e tenerlo da parte. Non lavare la pentola. Insaporire la farina con sale e pepe e infarinare la carne, se il pezzo fosse grosso, dividerlo in più parti e farlo rosolare per pochi minuti, aggiungere l'aceto per deglassare. Aggiungere 250ml di birra e portare ad ebollizione, aggiungere la pancetta, il timo e l'alloro e mescolare per amalgamare.Aggiungere un po' della birra rimasta, abbastanza da riuscire a coprire quasi tutta la carne, coprire e far cuocere a fuoco dolce per un paio d'ore.Terminato questo tempo, unire le cipolle, se il liquido fosse ancora troppo alzare il fuoco, a pentola scoperta. per farlo restringere un po'.A piacere si può esaltare maggiormente il gusto, accompagnando con crostini insaporiti di moutarde à l’ancienne.
Considerazioni (si è vero, dopo un post così lungo non sarebbe il caso, ma tant'é...) la carne è rimasta spettacolarmente morbida e umida all'interno (io sono una sottospecie di vegetariana pentita e non è che me ne intenda molto di carne che non sia la tagliata, diciamo che ci provo con parecchia convinzione, ecco) la caramellatura mi è piaciuta davvero parecchio, nell'originale anziché la pentola di terracotta bisognava usare il forno, ma ho provato così ed è così che quest'inverno la rifarò perché è venuta al di là di ogni mia più rosea aspettativa, magari l'accompagnerò con cuoricini di polenta bianca grigliati, che dite, se po' fà?
domenica 16 settembre 2007
giovedì 13 settembre 2007
Polpette di zucchine
Ingredienti:

martedì 11 settembre 2007
Fainà (Farinata di ceci)

Farinata genovese, di Oneglia, di Savona, di Imperia. Uno dice farinata e pensa subito alla farina di ceci. Ma in Liguria non ci si ferma lì. Infatti andando verso la Francia la farinata si fa anche con la farina di grano e con condimenti diversi. Scorrendo un vecchio libro edito da Mursia nel 1972 (Franca Feslikenian, "Cucina e vini di Liguria") due sono le ricette presenti: farinata genovese e farinata di Oneglia. E già lì viene la curiosità: ma perché sono diverse? E quante ce ne sono in giro di modi per prepararla? Classica la ricetta genovese, quella del cuore, che recita: 300 grammi di farina di ceci, olio, sale, pepe nero. Mettere in una catinella la farina di ceci e, con l'aggiunta di acqua, cercare di ottenere un "intriso liquido", usando la frusta per evitare grumi. Aggiungere un pizzico di sale. Versare il composto in una tortiera ben oliata e cuocere al forno, finchè non sia ben dorata. Spolverarla con pepe appena sfornata. Fin qui tutto fa parte della storia della cucina di Genova sempre molto netta nei suoi gusti. La preparazione è legata ai testi di rame. Piatto comune nel venerdì di magro, si dice sia tradizionale anche la sera di Capodanno. Che la farinata faccia parte dell'immaginario gustativo genovese lo conferma anche il fatto che quando passa una bella ragazza, viene definita "fainà di orli". L'ho appreso leggendo "Liguria, le ricette raccontate" di Mitì Vigliero Lami (Idealibri, 1998). La main d'Oneglia si fa invece con 200 grammi di farina di ceci, tre quarti d'acqua, quattro cipolline, mezzo bicchiere d'olio, sale pepe. Le cipolline tagliate sottilissime vanno rosolate nell'olio della teglia, poi messe da parte e cosparse sulla farinata prima della cottura. A Savona invece sulla superficie della farinata si distribuiscono aghi di rosmarino. Ma ecco che Imperia si distacca totalmente dalla tradizione mediterranea e al posto della farina di ceci, adopera quella di grano. Anche se rimane la nota della cipolla tagliata finemente. Gustosa da morire. Mitì Vigliero Lami racconta un gustoso aneddoto sulla farinata genovese: il poeta scapigliato Lorenzo Stecchetti (Olindo Guerrini, 1845-1916), seduto a un tavolo di marmo dell'osteria Bedin, nel quartiere di Ponticello, scrisse direttamente sul marmo il sonetto: "Farinata... senza Uberti" che venne poi trascritto su un pezzo di spessa carta bigia e porosa: la carta in cui si serve la farinata, appunto.
"Dante mal festi quando, nei tuoi versi,
parlando d'Ugolin preso alla magra
chiamasti quei di Genova "diversi
d'ogni costume e pien d'ogni magagna".
Ora davvero essi son pel mondo spersi,
dall'uno all'altro polo, in Francia e in Spagna,
in America, in Cina, fra perversi
selvaggi e fra civili, e niun si lagna.
Dell'ingiusto giudizio or la più fina
vendetta sui tuoi canti hanno inventata
e te la fanno sotto gli occhi aperti.
Tu celebrasti il grande degli Uberti
ed essi, in Ponticel, dalla Bedina,
celebrano ogni dì la Farinata."
Sotto la Lanterna è fatta di farina di ceci; nel Savonese si usa anche la farina di grano e nell'Imperiese si aggiunge la cipolla tagliata a fettine sottili sottili, e la si cuoce su trucioli di legno. Esiste anche in Piemonte, ma è diversa: la chiamano "bela cauda", bella calda, ma è più pesante e spessa.
La farinata era un tempo un piatto classico della sera del venerdì di magro, del Primo Novembre e del Capodanno, assieme allo stoccafisso accomodato; quando si comprava nei forni, la prescelta era quella agli orli della teglia, più croccante e sapida: e i vecchi genovesi ancora oggi, quando vedono una fanciulla particolarmente avvenente e "appetitosa", la definiscono fainà di orli.
La ricetta
300 gr di farina di ceci; 1 litro d'acqua; 1 bicchiere scarso d'olio, sale, pepe.
In una bacinella versate la farina di ceci, l'acqua e una presa di sale. Mescolate accuratamente con un cucchiaio di legno: il composto sarà perfetto quando, tirando su il cucchiaio, non vi resterà attaccato. Lasciate riposare come minimo un'ora; passatelo poi in un colino per togliere ogni grumetto eventuale di farina. Versate l'olio in una teglia larga e bassissima; versate poi il composto, mescolando bene per amalgamarlo all'olio. Infornate tutto a forno caldo 250° per 10 minuti. Servite immediatamente (va mangiata bollente), cospargendo se volete con un po' di pepe nero. Fra le varie "contaminazioni", sulla farinata compaiono i bianchetti. Alessandro Molinari Pradelli dice che sia la specialità di Voltri. Altre variazioni sul tema consistono in: fiori di zucca, zucchini tagliati fini fini, stracchino, zucca gialla e filetti di acciughe salate, carciofi tagliati finissimi e naturalmente il regale pesto. Un capolavoro di gusto resta comunque la farinata classica e croccante dentro la focaccia salata: un binomio che rivaluta l'una e l'altra.
Trippa in umido
Riporto la ricetta della Sbira, che ha avuto parte importante nel passato della repubblica genovese, ne parlai più o meno un anno fa, chi si ricorda?
Sbïra variante della Trippa in umido (Trippa accomodä)
Preparazione: La trippa si acquisterà precotta; tagliarla quindi a striscioline. Tritare la carota, la cipolla, il prezzemolo, il sedano, l'aglio, il rosmarino, i funghi e meta dei pinoli: porre il ricavato in una casseruola di coccio con un po' d'olio, il resto dei pinoli e le olive; far rosolare per alcuni minuti, quindi unire la trippa. Continuare la cottura, e quando i sapori cominceranno a colorire, bagnare col vino bianco, lasciando poi evaporare. Tritare i pomidoro molto finemente e versarli nella casseruola. Pelare le patate, tagliarle a pezzi e metterle assieme alle trippe; unire l'alloro, salare, pepare e continuare la cottura, bagnando con acqua calda. Quando le patate risulteranno tenere, servire subito, accompagnando con parmigiano a piacere
per quattro persone
Trippa mista (centopelle e foiolo) 1 kg patate gialle 1 kg midollo di bue 100 g salsa di pomodoro concentrata 70 g pinoli una manciata carote una una cipolla una costa di sedano una aglio 1 spicchio prezzemolo un ciuffo brodo q.b. pane parmigiano grattugiato abbondante burro 100 g sale e pepe q.b.