martedì 11 settembre 2007

Fainà (Farinata di ceci)


E' un prodotto tipico ligure ed è un'invenzione delle truppe romane che occupavano Genova, quando la farina di grano era un lusso, per sfamarsi con poca spesa e con molta rapidità infornavano una miscela d'acqua e farina di ceci, prodotto povero ma nutriente. Dal capoluogo ligure, dove nacque duemila anni fa, la farinata fu esportata in tutte le zone limitrofe.

Oggi storia antica e tradizione vissuta si fondono nella farinata, per ritemprarci e legarci inesorabilmente alla cucina ligure, istintivamente popolare, fatta prima di tutto per i meno abbienti, ma apprezzata e ricercata da ogni ceto sociale. È la brezza marina che percorre vicoli ed attraversa la città, con il profumo forte e personale, quasi afrodisiaco, della farinata. Ricordo, tra i racconti di viaggio letti, "le vie d'Italia" che un certo Cougnet, si proprio Alberto Cougnet, gastronomo, narrava storie ed origini delle cucine regionali. E' perciò solo nel 1905 che lo storico e geografo della cucina Alberto Cougnet può stendere, a conclusione del suo Ventre dei popoli, viaggio gastronomico nei cinque continenti, un corposo capitolo su «La cucina e la cantina italiana». La lettura del capitolo fornisce un quadro completo e particolareggiato del patrimonio gastronomico regionale e municipale. Non c' è piatto canonico che non venga menzionato, corredato da una più o meno sintetica descrizione della pietanza e dalla sua denominazione dialettale. La costituzione delle cucine locali italiane è, insomma, un fatto compiuto. [riporto fedelmente dal libro:] "Eccomi in pieno quartiere di San Teodoro, ., mentre dai forni esalano effluvi, quelli più benigni dell'odore del buon pane casalingo fresco, delle torte od erbazzoni, specialmente se nella stagione primaverile quando emanano la loro fragranza di pasta sfogliata, le torte d'erbe per l'occasione di pasqua e di san Giuseppe, e particolarmente della cosiddetta fainà [farinata], una torta logistica, costituita da un intriso di farina di ceci con acqua leggermente salata, versata dentro una larga placca rotonda di rame , detta testò, dove venne versata una larga dose d'olio di oliva.






Questa torta, tenuta molto sottile, e cotta di color dorato, come una luna piena nella luce crepuscolare, costituisce l'antica scribilitia, cui accennano le antiche grida, e editti comunali regolanti i rapporti ed i compensi dovuti dai dai casanis o "casane" (clienti delle case che facevano cuocere nei forni pubblici): il pane, l'altroclea (torta); fugaciis placentis (focacce schiacciate), i canestrellis (ciambelle o biscotti), tortello magno, rosto parvo, tiana (vivande in tiella), ecc., a questi pubblici fornarii o panicoguli. Come a Napoli x le pizze, così a Genova, non solo il popolino ed il borghesoccio agognano questa torta tradizionale, ma persino la gente facoltosa fa fermare i suoi cocchi blasonati, particolarmente dopo terminati gli spettacoli notturni dei teatri, vicino ai forni + rinomati, come quello di san Giorgio e di ponticello, per attendere ch'esca ben soffice e calda la fainà, e così spezzettata dal semilunato coltello, condita con pepe macinato sull'istante, mangiarla saporitamente, innaffiarla con buon vino dell' Incoronata [nota:il Coronata attuale] oppure di Sant'Olcese di polcevera o meglio, con quello più generoso delle cosiddette cinque terre, presso sarzana, particolarmente di Bolano, Monterosso e di Rio Maggiore."
Farinata genovese, di Oneglia, di Savona, di Imperia. Uno dice farinata e pensa subito alla farina di ceci. Ma in Liguria non ci si ferma lì. Infatti andando verso la Francia la farinata si fa anche con la farina di grano e con condimenti diversi. Scorrendo un vecchio libro edito da Mursia nel 1972 (Franca Feslikenian, "Cucina e vini di Liguria") due sono le ricette presenti: farinata genovese e farinata di Oneglia. E già lì viene la curiosità: ma perché sono diverse? E quante ce ne sono in giro di modi per prepararla? Classica la ricetta genovese, quella del cuore, che recita: 300 grammi di farina di ceci, olio, sale, pepe nero. Mettere in una catinella la farina di ceci e, con l'aggiunta di acqua, cercare di ottenere un "intriso liquido", usando la frusta per evitare grumi. Aggiungere un pizzico di sale. Versare il composto in una tortiera ben oliata e cuocere al forno, finchè non sia ben dorata. Spolverarla con pepe appena sfornata. Fin qui tutto fa parte della storia della cucina di Genova sempre molto netta nei suoi gusti. La preparazione è legata ai testi di rame. Piatto comune nel venerdì di magro, si dice sia tradizionale anche la sera di Capodanno. Che la farinata faccia parte dell'immaginario gustativo genovese lo conferma anche il fatto che quando passa una bella ragazza, viene definita "fainà di orli". L'ho appreso leggendo "Liguria, le ricette raccontate" di Mitì Vigliero Lami (Idealibri, 1998). La main d'Oneglia si fa invece con 200 grammi di farina di ceci, tre quarti d'acqua, quattro cipolline, mezzo bicchiere d'olio, sale pepe. Le cipolline tagliate sottilissime vanno rosolate nell'olio della teglia, poi messe da parte e cosparse sulla farinata prima della cottura. A Savona invece sulla superficie della farinata si distribuiscono aghi di rosmarino. Ma ecco che Imperia si distacca totalmente dalla tradizione mediterranea e al posto della farina di ceci, adopera quella di grano. Anche se rimane la nota della cipolla tagliata finemente. Gustosa da morire. Mitì Vigliero Lami racconta un gustoso aneddoto sulla farinata genovese: il poeta scapigliato
Lorenzo Stecchetti (Olindo Guerrini, 1845-1916), seduto a un tavolo di marmo dell'osteria Bedin, nel quartiere di Ponticello, scrisse direttamente sul marmo il sonetto: "Farinata... senza Uberti" che venne poi trascritto su un pezzo di spessa carta bigia e porosa: la carta in cui si serve la farinata, appunto.
"Dante mal festi quando, nei tuoi versi,
parlando d'Ugolin preso alla magra
chiamasti quei di Genova "diversi
d'ogni costume e pien d'ogni magagna".
Ora davvero essi son pel mondo spersi,
dall'uno all'altro polo, in Francia e in Spagna,
in America, in Cina, fra perversi
selvaggi e fra civili, e niun si lagna.
Dell'ingiusto giudizio or la più fina
vendetta sui tuoi canti hanno inventata
e te la fanno sotto gli occhi aperti.
Tu celebrasti il grande degli Uberti
ed essi, in Ponticel, dalla Bedina,
celebrano ogni dì la Farinata."

Nei vecchi forni a legna oggi praticamente scomparsi (tranne qualche rara e felice eccezione, come la foto) e che si trovavano quasi tutti concentrati nella zona portuale di Sottoripa a Genova, si cuoceva ininterrottamente la farinata; fu sempre considerata un alimento talmente importante e fondamentale che, in un decreto del 1447, vennero emesse severe disposizioni per impedire l'uso di olio scadente nella cottura della scripilita, antico nome della farinata affibbiatole dai romani.
Sotto la Lanterna è fatta di farina di ceci; nel Savonese si usa anche la farina di grano e nell'Imperiese si aggiunge la cipolla tagliata a fettine sottili sottili, e la si cuoce su trucioli di legno. Esiste anche in Piemonte, ma è diversa: la chiamano "bela cauda", bella calda, ma è più pesante e spessa.
La farinata era un tempo un piatto classico della sera del venerdì di magro, del Primo Novembre e del Capodanno, assieme allo stoccafisso accomodato; quando si comprava nei forni, la prescelta era quella agli orli della teglia, più croccante e sapida: e i vecchi genovesi ancora oggi, quando vedono una fanciulla particolarmente avvenente e "appetitosa", la definiscono fainà di orli.



La ricetta
300 gr di farina di ceci; 1 litro d'acqua; 1 bicchiere scarso d'olio, sale, pepe.
In una bacinella versate la farina di ceci, l'acqua e una presa di sale. Mescolate accuratamente con un cucchiaio di legno: il composto sarà perfetto quando, tirando su il cucchiaio, non vi resterà attaccato. Lasciate riposare come minimo un'ora; passatelo poi in un colino per togliere ogni grumetto eventuale di farina. Versate l'olio in una teglia larga e bassissima; versate poi il composto, mescolando bene per amalgamarlo all'olio. Infornate tutto a forno caldo 250° per 10 minuti. Servite immediatamente (va mangiata bollente), cospargendo se volete con un po' di pepe nero. Fra le varie "contaminazioni", sulla farinata compaiono i bianchetti. Alessandro Molinari Pradelli dice che sia la specialità di Voltri. Altre variazioni sul tema consistono in: fiori di zucca, zucchini tagliati fini fini, stracchino, zucca gialla e filetti di acciughe salate, carciofi tagliati finissimi e naturalmente il regale pesto. Un capolavoro di gusto resta comunque la farinata classica e croccante dentro la focaccia salata: un binomio che rivaluta l'una e l'altra.

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